Emotional eating o fame da stress, sono equivalenti. Il mangiatore emozionale cerca nel cibo un rifugio per trovare supporto e conforto quando si trova in situazioni di fragilità emotiva, magari perché è triste, sotto stress o semplicemente arrabbiato e annoiato.
E’ una condizione che nasce già da bambino quando piange e la mamma non conoscendone il motivo gli propone la poppata. Purtroppo l’eating emotional porta ad un circolo vizioso, in quanto la persona è attratta da alimenti che non hanno nulla di nutritivo, il cosidetto cibo spazzatura che crea una sorta di dipendenza e pertanto il soggetto che n’è affetto non riesce più a fermarsi.
Si tratta di una vera e propria patologia, perchè la persona lo avverte anche se non ha fame, il suo unico scopo, è sopprimere quella situazione di malessere con il cibo, quindi non più solo un’azione primaria, ma anche di vera e propria necessità.
Il problema è che non si cerca cibo salutare, ma ci si tuffa sul cibo spazzatura, che non ha nulla di nutritivo ma solo tossico.
Le cause fondamentali dell’emotional eating sono due:
- psicologiche, legate a insicurezza, depressione, stress e ansia;
- biologiche, legate ad un’alterazione degli ormoni della fame e della sazietà, per cui l’interruttore della sazietà non si riesce più a spegnerlo.
La spinta verso alimenti zuccherini, tra l’altro crea dipendenza, inizialmente si cercano perchè danno una sensazione di benessere, ma dopo diventa una vera e propria dipendenza perchè l’effetto è di breve durata.
Quali sono i sintomi per riconoscere l’emotional eating?
Attacchi di fame improvvisi e continui nell’arco della giornata, a qualunque ora e senza mai saziarsi, possono già dare un campanellino di allarme. Seguono poi vere e proprie abbuffate che si concludono con grossi sensi di colpa, ma che tuttavia non frenano altre ondate di abbuffate.
Da qui conseguenze sulla linea, sulla salute fisica ma anche su quella mentale ed emotiva.
Quindi la soluzione é:
1 – capire le cause di angoscia
2 – adottare tecniche di rilassamento (10′ al giorno di meditazione, tecnica dei 21 respiri ecc.)
3 – evitare di avere nella dispensa “cibo spazzatura”
4 – non fare la spesa quando si è tristi o arrabbiati
5 – fare attività fisica rilassante come alcune tecniche di yoga
6 – ricorrere ad alimenti secchi e ricchi di fibre, come panino integrale, fette biscottate integrali ecc., non solo hanno un effetto saziante, ma anche basso indice glicemico e dunque non spingono a cercare cibi con zuccheri semplici.
Si tratta quindi di un disturbo alimentare e richiede pertanto un supporto non solo nutrizionale, ma anche il supporto di uno psicoterapeuta. Il ricorso a cibi ricchi di zuccheri è giustificato dal fatto che inducono un rapido innalzamento della glicemia, e quindi dello stato di benessere.
Ovviamente, è una condizione temporanea, perchè seguirà l’innalzamento dell’insulina (che porta lo zucchero nelle cellule) e che farà abbassare la glicemia riportando alla condizione originaria di malessere, creando così un circolo vizioso.
Riferimenti bibliografici:
Tatjana van Strien – “Causes of Emotional Eating and Matched Treatment of Obesity”,2018 Apr 25;18(6):35.
doi: 10.1007. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29696418/
Dott.ssa Giusy Diomaiuti